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Certe coincidenze sono talmente incredibili da far vacillate la mia unica e pertinace fede nel Caso quale assoluto governatore degli eventi. Tra queste coincidenze sicuramente rientra la data di nascita di due fuoriclasse del cantautorato italiano, battezzati con lo stesso nome non particolarmente comune e nati a distanza di meno di 24 ore, il 4 e 5 marzo del 1943: Lucio Dalla e Lucio Battisti. Ovviamente nati inconsapevoli l’uno dell’altro e del loro similare luminoso destino artistico.

Fuoriclasse del cantautorato italiano, dicevo, e nel senso squisitamente etimologico del termine, appunto di chi è oltre la categorie, hors categorie, come dicono i francesi per i piú alti Gpm del Tour; e a guardar bene, infatti, i due Lucio non possono essere considerati in toto appartenenti all’ortodossia cantautoriale italiana, vuoi per l’essersi avvalsi anche dell’ausilio di professionisti della parola, vuoi per non essersi fatti coinvolgere piú di tanto da ciò che ha connotato particolarmente il cantautorato italiano a loro contemporaneo, talora rendendolo didascalico: l’impegno politico..

Il genio di Poggio Bustone subí anche dei processi di piazza per questo suo apparente disimpegno, finendo addirittura per essere tacciato di fascismo; il bolognese, pur avendo una certa convivialità con i colleghi, particolarmente con quelli che gravitavano su Bologna, ha sempre guardato con ironia e distanza alla sua stessa area di appartenenza, nella sua attività di songwriter. Proprio questo essersi tenuti a distanza dalla temperie politica degli anni delle loro migliori produzioni, il decennio 72-82, ha salvaguardato la loro capacità di trascendere l’orizzonte del cantautorato contemporaneo per entrare di diritto nella storia della canzone italiana, quali principali innovatori della sua forma.

E non mi pare azzardato un paragone altrimenti imbarazzante: Dalla e Battisti stanno alla canzone italiana come Balzac e Dostoevskij stanno al romanzo moderno. Come Balzac, nessuno come Dalla ha rappresentato l’uomo nel suo rapporto con l’altro; come Dostoevskij, nessuno come Battisti ha rappresentato l’uomo nel suo rapporto col sé.

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nessuna pretesa di verità, ma aprire qualche finestra
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