Se la prima scossa del rock’n roll era stata recepita in Italia in maniera ingenua, scimmiottando i modi ribelli degli americani e tentando improponibili traslazioni dell’onomatopea anglosassone nell’aulica lingua di Dante, l’ondata beat della seconda parte degli anni sessanta trovò i giovani musicisti italiani più attenti alle strutture fondamentali della nuova musica, senza limitarsi a riproporre il fenomeno musicale nella preponderanza della sua collaterale componente visiva. Nonostante i brani proposti dalle giovani band italiane fossero in buona parte versioni in italiano di canzoni angloamericane, la cura del particolare e l’ausilio di parolieri di talento, attenti alle fibrillazioni del mondo giovanile, portarono ad un prodotto che si staccava dall’orizzonte prettamente diversivo dei pionieri del rock’n roll tricolore. In questo approccio decisamente più professionale alla musica beat, rispetto a quello dei fratelli maggiori, sta probabilmente una delle cause principali della fioritura successiva del Progressive rock, destinato ad egemonizzare l’ampia scena alternativa nostrana…
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