La libertà non sta nello scegliere tra il bianco e il nero, ma nel sottrarsi a questa scelta. T. W. Adorno
Terreno minato come pochi altri, quello dei migranti: ad aprir bocca si rischia di essere schiacciati o sulle posizioni del più becero razzismo o su quelle buoniste che, consapevoli o meno, ben lungi dall’essere in grado di garantire la prospettiva di una migliore qualità della vita ai migranti, ottengono come unico risultato quello di favorire la speculazione ideologica ed economica sulla loro pelle, se possibile ancor più becera del razzismo strisciante nel paese. Se l’equazione migranti=stupratori è talmente falsa che non c’è neanche da perderci il tempo per confutarla, sarebbe bene comunque ricordare che, statisticamente, in un flusso migratorio come quello che ha interessato l’Italia, quasi del tutto composto di maschi in larghissima parte della fascia tra i 16 e i 25 anni, i fattori di rischio sono decisamente più alti rispetto a una fetta eterogenea di popolazione, che si arrivi a comportamenti deviati e violenti e che la frustrazione e il senso di spaesamento porti i giovani migranti a cercare il riscatto nella logica del branco. Continuare con la retorica del buon profugo, della fratellanza universale, piuttosto che risolvere almeno parzialmente i problemi, li dilata nel tempo e nello spazio, emanando in forma di eoni una molteplicità di problematiche che riguardano non solo l’ordine pubblico, ma anche la sanità, il decoro civico, la giustizia sociale. Perché dietro la retorica dell’accoglienza oltre al business del vitto e dell’alloggio, ci sta la manifesta incapacità di progettare un futuro per gli accolti. Questo in Italia è aggravato dall’anomalia della gestione dell’intervento pubblico da parte della chiesa. Non bastano le storielle edificanti, reali quanto singolari, dei sogni realizzati da qualche giovane migrante nel lavoro o nella vita sociale per sostenere credibilmente questa retorica. Nella stragrande maggioranza dei casi, il destino dei migranti è quello di finire nei gironi della clandestinità e di andare ad occupare i luoghi già sovraffollati del degrado e del disagio e ciò perché la rete dell’accoglienza ha tutti gli interessi a prolungare ad libitum lo stato provvisorio dell’emergenza. Né d’altronde si può pensare che il provvidenziale tappo di Minniti possa essere la soluzione. Quel tappo potrà reggere fino alle ormai prossime elezioni politiche; poi, in assenza di una decisa politica europea per fronteggiare in modo umanitario e rigoroso il problema, il tappo fatalmente salterà.