WITOLD GOMBROWICZ #letteratura #polonia #novecento

gombrowiczAl pari degli altri due esponenti del triumvirato della letteratura d’avanguardia polacca del novecento, Witold Gombrowicz, il più giovane dei tre, venne condizionato fortemente dall’invasione tedesca della sua patria nel 1939 e il conseguente scoppio della II Guerra Mondiale. Ma, mentre per gli altri due gli eventi bellici causarono la fine delle rispettive esistenze (Witkiewicz suicida in quello stesso ’39, all’indomani dell’invasione tedesca e dell’aggressione stalinista della Polonia, conseguenza del patto Molotov-Ribbentrop; Bruno Schulz, ebreo, vittima nel 1942 di una faida tra gerarchi nazisti che eliminarono reciprocamente i loro protetti ebrei), Gombrowicz venne colto dai tragici eventi in Argentina, dopo essersi imbarcato come giornalista in una crociera promozionale organizzata da un armatore polacco. Per i successivi 24 anni, lo scrittore polacco rimase in quel paese, vivendo perlopiù in ristrettezze e adeguandosi ai più svariati mestieri. Solo dal 1947, dopo esser stato assunto in una banca, riuscì ad avere una certa stabilità economica. Contemporaneamente, si adoperò per tradurre in spagnolo i suoi lavori e, dopo essersi licenziato dall’impiego in banca nel 1955, visse esclusivamente della sua attività letteraria, per quanto poco remunerativa, nonostante il suo nome iniziasse a farsi strada in Europa (non in Polonia, però, dove i suoi lavori vennero proibiti fino al 1986 dal regime comunista). Nel 1963, invitato dalla Fondazione Ford, si recò a Berlino, per poi stabilirsi in Francia, prima a Parigi e poi a Vence, in compagnia di una giovane studiosa di origine canadese, sposata nel 1968, un anno prima di morire per l’aggravarsi di una malattia polmonare.

Witold Gombrowicz era nato nel 1904 da una famiglia della nobiltà terriera in decadenza. Compì gli studi a Varsavia, laureandosi in legge, secondo la volontà del padre, ma già nel 1930 lasciò il praticantato per dedicarsi alla letteratura, avversato in questa sua decisione dalla famiglia. Influenzato dalla scrittura surreale e deformata di Witkiewicz, di quasi vent’anni più anziano di lui, pubblicò i suoi primi lavori in Polonia, tra i quali Ferdydurke nel 1937, inizialmente passato inosservato, ma successivamente considerato tra i suoi capolavori. Il provvidenziale viaggio in Argentina lo tenne lontano dalle tragiche vicende che coinvolsero la Polonia. Nel paese sudamericano, pubblicò i romanzi Trans-Atlantico (1953) e Pornografia (1960), la raccolta di racconti Bacacay (1957) e la prima parte del Diario (1961), sorta di autobiografia non priva di volontari depistaggi, con l’intento di fondere il reale vissuto con la finzione narrativa. Negli ultimi anni europei, passati nel crescente interesse del mondo culturale e mediatico, videro la luce il romanzo Cosmo (1965) e la seconda parte del Diario (1967), mentre la terza parte uscì postuma a cura della moglie. Gombrowicz scrisse inoltre vari lavori per il teatro e alcuni saggi di varia natura, dall’arte alla filosofia, anch’essi permeati dal gusto peradossale che contraddistingue la sua narrativa.

Tale gusto, in Gombrowicz non assume mai il carattere deformato e destrutturato tipico di Witkiewicz, ma tende alla normalizzazione dell’anormalità, perfettamente a suo agio in un mondo che, nonostante sia palesemente fuori di sesto, va avanti nella sua apparente e rassicurante stabilità; lo stile non va affatto nella direzione dell’antinarrativo, dell’implosione della narrazione, ma si riallaccia ai suoi generi di riferimento (l’eroicomico, il picaresco, il romanzo filosofico, la letteratura d’appendice), al contempo parodiandoli e riportandoli all’ordine. La memoria biografica, altro tratto caratterizzante dell’opera di Gombrowicz, non trascende mai nell’orizzonte magico e mitico di Bruno Schulz; piuttosto, si confonde senza soluzione di continuità con l’artificio della pura invenzione narrativa, depistando costantemente ogni tentativo di psicanalisi del testo. Proprio Bruno Schulz ha individuato, già nei suoi primi lavori, la capacità di cogliere e rappresentare la fusione tra cultura e sottocultura, tra colto e immaturo, che caratterizza la modernità. La tendenza alla regressione nell’immaturità di un’umanità sempre più informata è un tema centrale nella narrativa di Gombrowicz,; un limbo che viene individualizzato dai suoi personaggi, occupati ad occupare il tempo, più che a pensare e ad agire. Viene fuori un universo di erotomani di incerta sessualità, anarchisti in cerca di conformità, geni dell’inettitudine alla costante ricerca di provare la propria esistenza, in un mondo mummificato e ineludibile, quotidianamente replicato, nel naufragio anestetico nell’ambiguità, nella sospensione, nell’inappartenenza; un universo che, senza bisogno di psicanalisi o di quantificare l’aspetto biografico, è la proiezione coerente della plurivoca e ambigua sensibilità di Gombrowicz.

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