Il termine attore deriva, almeno secondo la lezione largamente più condivisa, dal latino àgere (agire), attraverso il suo participio passato actus . L’attore è colui che compie l’atto, quindi, colui che agisce.
Ma questa definizione non ci dice tutto sull’attore, ci svela solo il suo aspetto rappresentativo, ciò che non può che essere svelato. Non ci dice nulla sulla trascendenza che fa dell’atto dell’attore un fenomeno artistico. L’attore agente, colui che si limita a compiere l’atto, per quanto possa essere in possesso della tecnica più raffinata, non riesce a portare a compimento la sua arte; il suo agire rimane nell’ordinarietà delle cose, non le trascende.
Ma se si ritorna all’etimologia, a quell’actus participio passato di àgere, dunque agito, il termine attore ritrova la sua valenza trascendente e, con essa, tutta la sua compiutezza artistica. L’essere agito dell’attore ha poco a che vedere con la vocazione o il talento; o meglio, vocazione e talento ne possono essere conditio sine qua non, ma è la costruzione di una sovracoscienza attoriale, sciamanica, a renderlo tale.
Riprendendo il ragionamento di Gadamer, ispirato a sua volta da Heidegger, su gioco e opera d’arte, l’attore agito (in verità, un pleonasmo) non gioca (play, jouer ecc.) il gioco, ma viene giocato dal gioco; non interpreta una parte, ma diviene un tutto nella parte; non ha un ruolo, ma è il ruolo.
In sostanza, l’essere agito dell’attore è la realizzazione dell’Opera d’arte vivente di Appia e della Supermarionetta di Gordon Craig, attraverso le intuizioni dell’antropologia teatrale artaudiana. L’essere agito emancipa l’attore dall’ordinarietà della rappresentazione e dai suoi clichè, per portarlo nella dimensione dell’unicità, dell’irripetibilità, della straordinarietà; in poche parole, in una dimensione compiutamente artistica.
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“L’essere agito dell’attore ha poco a che vedere con la vocazione o il talento; o meglio, vocazione e talento ne possono essere conditio sine qua non, ma è la costruzione di una sovracoscienza attoriale, sciamanica, a renderlo tale.”
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