Nel 1978, al 41° congresso del Psi, l’architetto di Craxi Filippo Panseca rottama la falce e il martello e crea il nuovo simbolo del partito, il garofano. A Palermo, 3 anni dopo, un garofano di 15 metri campeggia sul monte Pellegrino. Poi sarà la volta di scenografie discotecare, templi greci e piramidi fatte coi monitor, fino alla rovinosa caduta del leader.
A quel punto, il testimone della grandeur passa a Berlusconi che, approfittando delle sue infinite disponibilità, ne impregna a tal punto la personale strategia comunicativa da renderla imprescindibile per chiunque.
La distanza tra cittadinanza e rappresentanza in questo modo diviene siderale, il delegato diviene dislegato, parla da palchi immensi, alti diversi metri, con gigantografie a fare da sfondo; e ancora crea parole d’ordine nella speranza che divengano virali, ripetute in migliaia di cinguettii, senza starci a pensare sopra, come un generatore automatico.
Per questo motivo ritengo che la strategia adottata da Pierluigi Bersani porti in se una rivoluzione epocale nella comunicazione politica. Quella del segretario del Pd è una strategia aperta che offre il fianco all’ironia di amici e nemici; non riscrive le proprie origini sulla falsariga del Mito della nascita dell’eroe di Otto Rank, ma mostra la documentazione di una vita comune a tanti; non cerca lo slogan assoluto o la parola d’ordine virale, ma mette in campo i concetti, le parole-mondo sulle quali discutere e costruire un progetto; ma, soprattutto, non dice mai io, ma sempre noi.
Ecco, finalmente intravedo una crepa dopo oltre tre decenni di politica-marketing e anche per questo motivo sostengo Bersani.
La distanza tra cittadinanza e rappresentanza in questo modo diviene siderale, il delegato diviene dislegato, parla da palchi immensi, alti diversi metri, con gigantografie a fare da sfondo; e ancora crea parole d’ordine nella speranza che divengano virali, ripetute in migliaia di cinguettii, senza starci a pensare sopra, come un generatore automatico.
Per questo motivo ritengo che la strategia adottata da Pierluigi Bersani porti in se una rivoluzione epocale nella comunicazione politica. Quella del segretario del Pd è una strategia aperta che offre il fianco all’ironia di amici e nemici; non riscrive le proprie origini sulla falsariga del Mito della nascita dell’eroe di Otto Rank, ma mostra la documentazione di una vita comune a tanti; non cerca lo slogan assoluto o la parola d’ordine virale, ma mette in campo i concetti, le parole-mondo sulle quali discutere e costruire un progetto; ma, soprattutto, non dice mai io, ma sempre noi.
Ecco, finalmente intravedo una crepa dopo oltre tre decenni di politica-marketing e anche per questo motivo sostengo Bersani.